21/07/2015
A partire dal 1999, elaborando i dati forniti dall’osservatorio astronomico Chandra, gli astrofisici sono riusciti a disegnare quello che da millenni mistici e sensitivi continuavano a sostenere, con immenso disprezzo da parte delle comunità pseudoscientifiche di ogni epoca, ossia che non esiste lo spazio vuoto e che tutto ciò che esiste è composto dalla stessa sostanza energetica, reale e quantificabile, e soprattutto rilevabile quantitativamente, anche se non attraverso i 5 sensi disponibili (per ora…).
Gli astrofisici l’hanno chiamata Energia e materia oscura.
In pratica è stata effettuata attraverso i computer la codifica grafica dei dati arrivati dai satelliti che ha permesso di disegnare l’onda di frequenza a cui la materia visibile e non visibile vibra e si propaga. Sappiamo tutti, e tra un po’ lo ripeteremo, che ogni cosa che esiste, dalle mele ai grattacieli agli atomi ai più piccoli quark, per poter esistere, deve essere formata da “qualcosa” che vibra e ruota. Se così non fosse, i nostri sensi, che captano impulsi di natura elettromagnetica, semplicemente non la rileverebbe. Se i nostri occhi vedono le sedie è perché le sedie, riflettendo la luce, ci sparano sulla retina delle frequenze che poi il cervello trasforma in segnali elettrici, scomponendoli nell’informazione di base più piccola possibile, che è quella che li formava fin dal’inizio: la vibrazione delle sue particelle. Il cervello ricompone poi queste informazioni elettromagnetiche per darci la nostra personale rappresentazione tridimensionale dell’oggetto che stiamo guardando.
I nostri sensi funzionano per darci un risultato finale, allo stesso modo della chimica alimentare: le proteine vengono demolite per ricavarne gli amminoacidi che poi il Dna, su comando del cervello, rimonterà per rifare una proteina. Le sensazioni funzionano nel modo analogo: gli oggetti che vediamo come reali, e che sono fatti di molecole elettrocariche, verranno smontati nei loro componenti base che sono informazioni di carattere fisico, per essere poi rimontati dal cervello sulla base di ciò che ha imparato, per darci un’immagine finale il più veritiera possibile dell’oggetto con cui stavamo interagendo.
Stessa cosa accadde agli astronomi: i radar dell’osservatorio captarono le onde di energia elettromagnetica provenienti dallo spazio e le trasformarono in forma grafica nell’onda di frequenza su cui viaggiavano, disegnando così l’onda portante su cui l’universo materiale sincronizza la propria esistenza, ed è l’immagine precedente. Poi hanno codificato questa onda in una immagine tridimensionale, una sorta di nuvola elettrica che rappresenta la composizione dell’universo, che a noi sembra ad occhio nudo pressoché vuoto. In fondo, quando di notte guardiamo le stelle, sappiamo che non sono sulla sfera che stiamo osservando nel cielo, ma sono a distanze siderali in un vuoto veramente veramente grande. Ebbene, questo vuoto che percepivamo non esiste, ma è fatto di qualcosa e questo qualcosa è stato rilevato e disegnato.
Il disegno unificato di tutto